Novità nella continuità
Io credo che parlare di un artista non sia mai semplice, perché le varie fasi della sua evoluzione artistica contengono sempre elementi delle fasi precedenti e preludono a sviluppi successivi.
Il caso di Giovenale è emblematico in tal senso: quando, in occasione dell’ultima personale organizzata presso la Biblioteca Provinciale di Benevento e riproposta successivamente a Roma nell’Opificio Contumaciale gestito da Bianca Menna (alias Tomaso Binga), riguardai insieme a Massimo Bignardi tutta l’opera di Giovenale, mi resi conto di quanti elementi rimanessero costantemente presenti insieme ad elementi nuovi e a nuove soluzioni compositive.
In tale occasione avemmo modo di esaminare un nuovo nucleo di lavori solo apparentemente diversi da quelli presenti nella mostra che si andava ad inaugurare e che avevano una loro omogeneità di linguaggio che li faceva apparire come dei capitoli di un nuovo romanzo che l’artista aveva composto.
Allora gli suggerimmo di tenerli insieme per una nuova personale che oggi, dopo circa tre anni, è stato possibile organizzare grazie alla opportunità offerta dal Comune di Benevento e in particolare dalla sensibilità del Sindaco Fausto Pepe e dell’Assessore Raffaele Del Vecchio che si sono attivati affinché questa mostra si realizzasse.
Le opere presenti nei locali di Palazzo Paolo V rappresentano una evoluzione del lavoro artistico di Giovenale in direzione di una semplificazione e rarefazione degli elementi presenti da sempre nella iconografia delPartista: sagome di animali o di volti umani, scale, sedie, raggi di luce ed altri elementi presenti in natura sono ridotti a segni geometrici spesso inseriti in riquadri diversi che insieme compongono come un puzzle variamente componibile e scomponibile.
La testa del bue, che ha caratterizzato i lavori di tante fasi dell’evoluzione artistica di Giovenale, diventa un triangolo o addirittura scompare e si riconosce solo attraverso un occhio inserito in uno spazio che somiglia alla sagoma di una testa.
Le figure oranti, che hanno caratterizzato un’altra fase dell’evoluzione dell’artista, ricom¬paiono di tanto in tanto, in maniera silenziosa e poco appariscente, in qualche riquadro o come elementi che servono a separare due riquadri.
Anche i tondi, che fanno pensare a lune o soli, ricordano particolari di lavori appartenenti al periodo immediatamente successivo a quello della tauromachia.
Ma ciò che più colpisce in questa specie di romanzo di Giovenale è una vivacità di colori raramente riscontrata nelle opere precedenti, vivacità che riporta alla gioia di esistere insita in una natura pervasa di fede: tutta la mostra sembra un inno del Creato al suo Creatore, inno che solo un profondo credente come Giovenale poteva avvertire e riportare magistral¬mente sulle tele presenti in questa mostra.
Antonio Petrilli