La mostra di Giovenale vista con l'occhio critico di Paolo Balmas
L’idea di base è quella di accostare tra di loro il mondo dell’ Arte e quello della Medicina secondo una logica di contiguità e omologia diversa da quella che ha fin qui prevalso in molti tentativi che si sono succeduti nel tempo in tutto il mondo. Una logica intesa innanzitutto ad evitare la tentazione più ovvia, quella di mettere la creatività dell’artista a disposizione del malato solo come momento di distrazione, di allontanamento temporaneo dalla preoccupazione e dalla sofferenza, un momento dopo del quale tutto ritorna come prima.
Il modo in cui Giovenale e i suoi estimatori hanno ragionato è un altro e muove non tanto dalla nozione di creatività quanto dall’ idea stessa di creazione. Se l’arte è “creazione”, qualunque cosa si intenda con questa espressione, ridurla a pura “ricreazione” cioè ad un mero intervallo piacevole, dopo del quale ansie e incertezze tornano ad incombere su chi ha problemi di salute, equivale a diminuirne il valore, a rinunciare a qualcosa di ciò che essa può dare non solo a chi si trova in cura, ma a tutti noi.
Simboli forti e facili da comprendere
Il prof. Scambia racconta il maestro Giovenale
Sono linee decise che confinano campiture di colore spesso stese senza sfumature. I lavori di Giovenale hanno tutti, o quasi, questa caratteristica che li rende immediatamente individuabili. Sono lavori a un passo dall’astratto e non è un caso. Nella sua produzione l’autore cerca infatti di veicolare messaggi ideali, nella maggior parte dei casi ispirati da un forte senso di fede. Da medico Giovenale conosce i bisogni di un paziente e i difetti di un dottore e nelle sue opere cerca di venire incontro a entrambi.